Thursday, May 23, 2013

Cronaca ragionata di una guerra senza fine



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Un treno per Blace di Filippo Landi e Ilire Zajmi
 Cronaca ragionata di una guerra senza fine
06 marzo 2000 —   pagina -1   sezione: Cultura

In questi giorni, in cui la cronaca ci riporta in Kosovo, naturalesentire come certe realta sembrano esistere soloquando conquistano le pagine dei giornali. Sono i morti _e solo se in numero sufficiente _ che rendono reale per noi unpopolo, un paese, una storia. Una volta terminato il conflitto,sul Kosovo sceso l'abituale velo della distanza. Eppure la guerra appena terminata non e stato che un momento di crisi visibile, e la pace, estremamente fragile, ha lasciatoirrisolta gran parte dei problemi. Tra la guerra e la pace,uomini e donne reali hanno continuato a vivere i lorodrammi, che il conflitto, come accade spesso, ha reso magari ancora piu tremendi. Qual ? la responsabilit? del cronista, in tutto ci?? E un calcolocinico, quello che porta il giornalista a fingere partecipazionein un evento storico, finch? esso ?tira?, salvo poi soffrire diamnesie e infatuazioni nuove, al cambio del vento della storia?Queste domande sembrano essersi posti un giornalista italianoe una sua collega kosovara, nel concepire questo libretto aquattro mani, da poco uscito per le edizioni La Meridiana. Un treno per Blace (La Meridiana, pagg. 126, L. 18.000) l'operacongiunta di Filippo Landi e Ilire Zajmi, racconta a duevoci i giorni immediatamente precedenti l'intervento Nato,con l'esodo forzato di migliaia di kosovari di etnia albanese, icampi profughi, la pulizia etnica, fino ad arrivare ai bombardamentisulla Serbia e all'entrata delle truppe dell'Alleanza. Masbaglierebbe chi cercasse nel libro un approfondimento politicosu quella ambigua e indecifrabile guerra, che sembra oggiessere stata perduta da tutte le forze in campo. Animati dall'amicizia che li lega, da un certo sgomento impotentedavanti agli orrori che si preparano, i due giornalisti cheallora inseguivano la cronaca, e si sforzavano di raccontare aun pubblico lontano la logica dei fatti, hanno affrontato in questepagine un altro tema. Attraverso una sequenza di fatti umani, di ritratti estemporaneicatturati a un posto di frontiera, in un campo profughi,cercano di trasmetterci il contenuto umano di quei giorni. E lasensazione  di caos. Quello che poteva sembrare logico vistodalle telecamere o dalle riprese dei bambardieri, visto dal bassoassume l'aspetto di una serie di eventi senza senso, dove lagente pacifica e ragionevole ? portata inavvertitamente versole opzioni pi? estreme. Dove i gesti pi? normali, come andareal cinema, uscire a cena, divenano assurdi. E si capisce comela convinzione di aver portato aiuto, grazie a qualche settimanadi bombardamenti e a una passeggiata militare, non sia cheuna ipocrisia. Nel frattempo, in Kosovo come nella Federazione Jugoslava,le due fazioni violente, si sono rafforzate. Se Milosevic ? ancoraal suo posto, la parte pacifista di Rugova ? messa in secondopiano dall'Uck. E tutto fa pensare che una pace durevole sialontana. La testimonianza di questo libro, se poco aggiunge a quelloche si reisce a capire di quell'enigma che sono i Balcani, ha ilmerito di sfondare il sipario della cronaca e di lasciare memoriadegli uomini e delle donne che dietro ad esso si muovono.

 -Maurizio Sacchi

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